Pubblichiamo di seguito la recensione del volume di Ercole Ongaro (Al servizio dell’uomo e della terra: Giovanni Haussmann 1906-1980, introduzione di Luigi Cavazza, Jaca Book, Milano 2008) a cura di Sara Roncaglia.
Ho incontrato l’opera di Giovanni Haussmann durante la preparazione bibliografica per una ricerca etnografica promossa dall’Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia incentrata sugli imprenditori agricoli del Parco Agricolo Sud di Milano. Ho letto prevalentemente i lavori inerenti alla sfera storico-antropologica come La terra e l’uomo (1964), Il suolo d’Italia nella storia (in Storia d’Italia, vol.1 1972), Suolo e società (1986) e infine l’intensa riflessione de L’uomo simbionte (1992) in cui sono delineati i cardini etici, morali e olistici di una vita al servizio del pubblico esercizio e del rapporto con la fertilità della terra. Durante le mie ricerche mi sono avvicinata ai suoi scritti come un’antropologa che tentava di coniugare l’analisi culturale del lavoro agricolo con il lato scientifico e tecnologico, e che ha trovato nelle categorie analitiche di Haussmann gli strumenti di uno scienziato e di un umanista.
La biografia scritta da Ercole Ongaro Al servizio dell’uomo e della terra: Giovanni Haussmann colma una mancanza nei miei studi e in quelli di chi non ha avuto la possibilità di conoscerlo personalmente. Il volume si snoda attraverso i momenti salienti della vita familiare dell’autore con la descrizione del nucleo parentale d’origine, dei genitori e del suo arrivo in Italia. Come ben sottolinea Ongaro il suo bisogno di radici e l’esperienza di esule russo formeranno profondamente il carattere di Haussmann e saranno una chiave di lettura per la sua intensa produzione filosofica e scientifica. Cardine della sua filosofia risiede nel principio che “la vita è una forma di movimento” e che “in ogni vita esiste una direzione”. Nella sua costruzione teorica la volontà individuale ha un’importanza fondamentale perché è essa stessa un movimento e orienta la ricerca del senso della vita.
Questa è la vera ricerca ultima, che consiste nella creazione dell’Amore. Un Amore che mostra infiniti volti ma che dona a colui che ne fa la propria forza “un’armonia immensa, un equilibrio pragmatico e incrollabile”. Qui si fa strada anche il tema dell’esperienza professionale di Haussmann: il rapporto con la Natura, “l’arcana felicità della Terra”. Nel Saggio preliminare sopra una Filosofia del Movimento si sentono i richiami di Gustav Theodor Fechner e della sua concezione panpsichica dell’universale animazione della Natura. La feconda e produttiva Terra appare dunque come via maestra per conseguire il fine della propria esistenza, ed è una via che non termina con la morte che viene letta con gioia perché permette di andare incontro a “l’Amico con il quale sono stato in corrispondenza senza conoscerlo”.
Il volume ricostruisce il percorso di studi di Haussmann, la maturità classica, la facoltà di agraria all’Università di Firenze, la borsa di studio come sperimentatore presso la Stazione Chimico-Agraria di Torino e infine l’incarico a cui dedicherà la parte centrale della sua vita: direttore della Stazione di Praticoltura di Lodi dal 1948 a 1976. È del 1950 la sua prima importante opera nell’ambito degli studi sulla fertilità, ovvero L’evoluzione del terreno e l’agricoltura in cui afferma che solo la conoscenza delle leggi della pedogenesi potrà rendere proficua l’opera dell’agricoltore. Lo sforzo come direttore volge a rendere la Stazione un centro di ricerca con contatti internazionali e personale scientifico qualificato. La “vocazione” alla ricerca sarà un tratto costante della biografia di Haussmann, per il quale lo studio disinteressato, non volto a servire industrie potenti, doveva partire da una spinta interiore, non subordinata a pressioni altrui. Questo atteggiamento si riscontra anche nel valutare le proprie scelte di scienziato in prospettiva di un bene comune, nella protezione dei terreni e delle colture e non applicando all’agricoltura una semplificazione dell’ordinamento aziendale, esasperandone la produzione e la monocoltura.
Rispetto alla tutela dei territori Haussmann auspica una gestione collettiva dell’agricoltura che sia in grado di poterli difendere meglio dalla dittatura del mercato. Una gestione lontana però dalle coercizioni dei regimi socialisti di ispirazione comunista e vicina al sistema dei kibbuz israeliani. Si sente, nei suoi tentativi di coniugare l’aspetto tecnologico e umanistico, anche la corrispondenza e la collaborazione con Danilo Dolci, che intensifica il legame con il Sud d’Italia e che continuerà nel corso degli anni a ispirare azioni e riflessioni congiunte.
Amaro è l’epilogo della sua direzione alla Stazione di Praticoltura di Lodi, che lo segnerà profondamente nel corpo. Nel 76, raggiunti i 70 anni, scrisse al Ministero dell’Agricoltura per concludere il proprio incarico e indicare il nominativo più adatto per proseguire il lavoro di direttore, ovvero Pietro Rotili. Solo tre anni e mezzo più tardi questi potè assumerne la carica con un notevole dispendio di energie e di fatiche. Il tema della continuità era cruciale per Haussmann, il quale vedeva nel carattere aleatorio dell’esperienza il rischio della vita, “la salvezza sta nell’attaccamento, nell’immedesimazione all’impegno”. Le ultime settimane, raccolte nel silenzio, sono vissute in preparazione all’ultimo incontro, quello con l’Amico mai conosciuto. Il suo commiato può essere letto attraverso la recente riflessione dell’antropologo francese Maurice Godelier il quale spiega che a fondamento delle società umane c’è il sacro (non necessariamente religioso), inteso come ordinamento del mondo al di là del visibile, ed è attraverso il sacro che si fondano e rinsaldano le relazioni tra gli esseri umani.
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